Paolo Grumati ha conseguito la laurea in Biotecnologie Mediche presso l'Università di Padova nell'Aprile del 2005 e nel 2009 ha conseguito il dottorato di ricerca in Genetica e Biologia Molecolare dello Sviluppo sempre presso l'Università di Padova. Attualmente è assegnatario di una borsa di studio nel gruppo del Prof. Paolo Bonaldo al Dipartimento di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche dell'Università di Padova.
Ruolo dell’autofagia nelle patologie muscolari legate al deficit di collagene VI
Il collagene VI è una proteina ampiamente diffusa nella matrice extracellulare dei muscoli scheletrici. Mutazioni a carico dei geni codificanti le diverse catene della proteina causano nell’uomo tre patologie muscolari: la miopatia di Bethlem, la distrofia congenita di Ullrich e la miosclerosi. Gli studi eseguiti sui topi con inattivazione mirata del gene Col6a1 (Col6a1–/–) e confermati sui pazienti, hanno dimostrato come la mancanza del collagene VI porti ad apoptosi e degenerazione delle miofibre dovuta alla presenza di alterazioni ultrastrutturali del reticolo sarcoplasmatico e dei mitocondri, ai quali è associata una disfunzione latente. Rimane tuttavia ancora poco chiaro quale sia il meccanismo molecolare responsabile del fenotipo miopatico, ed in particolar modo quale sia il legame tra il collagene VI, le alterazioni agli organelli e l’apoptosi delle fibre muscolari. La presenza d’organelli alterati è associata ad uno squilibrio energetico a carico delle fibre muscolari ed entrambi sono riconducibili da un difetto del processo autofagico. L’autofagia è un meccanismo di sopravvivenza cellulare e si riferisce a qualsiasi via di degradazione proteica intracellulare, che implica la veicolazione d’elementi citosolici ai lisosomi. La macroautofagia è responsabile sia del turnover di proteine e d’organelli non più necessari, sia della degradazione di porzioni di citoplasma funzionale al recupero di amminoacidi per fronteggiare situazioni di stress energetico. Le fibre muscolari Col6a1–/– presentano una ridotta lipidazione e quindi attivazione della proteina LC3, che è implicata nella nucleazione degli autofagosomi sia in condizioni basali sia in seguito all’attivazione dell’autofagia mediante digiuno. La mancata attivazione di LC3 è determinata da un forte blocco del flusso autofagico nei topi Col6a1–/–. L’autofagia è regolata da un gruppo di geni altamente conservato e dalla via di mTOR. La mancata formazione d’autofagosomi nei topi Col6a1–/– è determinata dai bassi livelli proteici di Beclin1 e dall’attivazione costitutiva della via di Akt/mTOR, anche in seguito alla mancanza di nutrimento. L’autofagia nei topi Col6a1–/– può essere riattivata mediante approcci genetici, dietetici e farmacologici. La stimolazione dell’autofagia comporta un notevole miglioramento del fenotipo miopatico dei topi Col6a1–/–. Gli organelli alterati sono rimossi dalle fibre muscolari così da ridurre significativamente i livelli d’apoptosi e portare al recupero della forza muscolare. L’induzione dell’autofagia svolge quindi un ruolo protettivo dei muscoli privi di collagene VI. Analisi biochimiche, sulle biopsie muscolari dei pazienti UCMD e BM rivelano una notevole diminuzione dei livelli Beclin1 e Bnip3 così da giustificare un possibile coinvolgimento dell’autofagia anche nella patologia umana. Quindi, i risultati ottenuti nel modello murino si adattano bene allo studio delle patologie umane. Nel complesso, l’autofagia svolge un ruolo determinante nella patogenesi delle distrofie muscolari associate all’assenza del collagene VI. Il blocco della macroautofagia determina la permanenza di organelli alterati che, a lungo termine, inducono apoptosi e degenerazione delle fibre muscolari. La stimolazione del processo autofagico migliora il quadro miopatico, così che terapie mirate alla stimolazione della macroautofagia potrebbero costituire un efficace approccio terapeutico per tali patologie.